Alessandro Agresti
Leggi i suoi articoliLa chiesa dei veneti a Roma sorge alle pendici del Campidoglio, in un luogo denso di storia: infatti non molto distanti vennero eretti nel 26 a.c. i Septa Julia, grandi portici dove si svolgevano votazioni e proprio dove sorge oggi l’edificio sarebbe stata una casa abitata da cristiani, nella quale avrebbe soggiornato l’evangelista Marco; in seguito venne trasformata in un oratorio.
Fu papa Marco, nel IV secolo, a costruire la prima Basilica, che venne riqualificata da Adriano I nell’VIII secolo: sotto Gregorio IV venne eseguito il munifico mosaico absidale che ancora oggi possiamo ammirare. In esso è al centro Cristo, recante un volume con scritto: «ego sum lux, ego sum vita, ego sum resurrectio», alla sua destra è proprio san Marco a presentare al Salvatore papa Adriano, con nimbo quadrato col quale venivano raffigurate le persone ancora in vita, colto mentre presenta un modello della chiesa.
Pietro Barbo, divenuto papa col nome di Paolo II, in pieno Quattrocento, trasformò radicalmente l’architettura preesistente: fece costruire la facciata odierna, una delle più importanti del Rinascimento nella capitale, che è stata attribuita a Leon Battista Alberti (più probabile che sia opera di un suo allievo), e che si distingue per la tripartizione ad arcate separate da semicolonne che le conferiscono un aspetto insolito per un edificio di culto, parendo quasi una porzione di un anfiteatro romano; proprio con i marmi del Colosseo venne eretta.
All’interno non solo è uno dei rari soffitti del Quattrocento ancora esistenti a Roma, ma anche un’importante pala di Melozzo da Forlì raffigurante san Marco in trono, frontale e iconico colto mentre, assiso su un trono impostato secondo una rigorosa prospettiva, benedice ieratico il riguardante. Tra i numerosi tesori custoditi nella Basilica menziono la pala di Pier Francesco Mola con «San Michele Arcangelo sconfigge il demonio», dove tra bagliori improvvisi e atmosfere mefistofeliche irrompe l’apparizione divina ad atterrare l’impressionante presenza demoniaca che pare voler uscire dalla pala, per franare nello spazio del riguardante.
Di tutt’altro tenore la pala di Carlo Maratti con l'«Adorazione dei Magi» (della quale la collezione Lemme ha di recente acquisito lo squisito modelletto preparatorio) dettagliatamente descritta anche dal Bellori: «l’Ambasciator veneto Sagredo riordinando in Roma con ornamenti e pitture la vecchia Chiesa di S. Marco, dipinsevi Carlo il Quadro con l’Adorazione de’Magi […] ed essendo piccolo in vano della Cappella riescono le figure sì bene bene alla vista». Varrà infine la pena di ricordare la riqualificazione settecentesca della Basilica, ad opera del cardinale Angelo Maria Quirini, con l’aggiunta dei garbati e festosi bassorilievi in stucco che ancora oggi ornano la navata.
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